domenica 6 maggio 2018

Partnership al progetto

Intervista a Paul Jackson:


> Do you think that the Art of Origami can get togheter different age groups of people?
Yes, certainly.  I have seen this many, many times at origami meetings.

> Since my project is linked with the problem of pollution due to waste, do You believe that Origami could make aware the society on this issue? 
Most paper is from a sustainable source, is bio-degradable and non-polluting, so yes, it could have a role.


Intervista a Damiano Gaggia (Green Tales FabLab, Terni):

Com'è nata la realtà del FAbLab Green Tales a Terni?
Ci trovavamo ad un evento di Stampanti 3D e li insieme a dei colleghi abbiamo avuto l'idea di impegnarci in una start up innovativa. Siamo Nati nel 2013 e ci occupiamo rispettivamente di prototipazione rapida, stampa 3D, reverse engineering e design industriale,architettura e comunicazione integrata.


Come volete creare una relazione culturale e commerciale con il territorio e verso che settori offrite i vostri servizi?
Vogliamo aiutare coloro che hanno voglia di reinventarsi come artigiani della contemporeaneità, sfruttando il proprio bagaglio d'esperienza e l'attitudine all'innovazione. Il nostro territorio, per tradizione, ha una vocazione manifatturiera, dal tessile all'acciaio. Spesso il sapere e l'esperienza accumulati nelle fabbriche sono stati utilizzati per creare piccole e medie imprese, ma ora che le grandi aziende sono state acquisite da multinazionali, queste accusano la crisi mondiale, perciò cerchiamo di ripartire proprio dalle esperienze dei singoli tecnici che vogliono confrontarsi con le nuove tecnologie e reinventarsi artigiani della contemporeaneità.
Per quanto riguarda i servizi offerti, grazie alle macchine che disponiamo, siamo in grado di ricoprire l'intera filiera produttiva: abbiamo iniziato realizzando parti interne dei droni per un'azienda legata al nostro incubatore Italeaf spa, e ora ci ritroviamo a realizzare pezzi per società automobilistiche e addirittura pezzi per la moto GP, poichè economicamente a loro conviene.

Di quali spazi necessità un FabLab?
Allora innanzitutto c'è il bisogno di avere uffici, preferibilmente fisicamente divisi poichè ognuno svolge un compito diverso dal collega, mentre quando bisogna riunirsi per trattare di un nuovo lavoro da realizzare è doveroso avere un' ampia sala riunione dotata dei mezzi giusti per una comunicazione efficiente. Inoltre molto importante è l'Area Learning, dove insegnamo a coloro che vogliono cimentarsi nel settore a impare ad usare le stampanti 3D con i relativi programmi digitali. Infine si deve avere un'ampia sala macchine, cuore pulsante della FabLab.

Siete riusciti a legare un rapporto con le scuole? Curate l'aspetto del riciclaggio di materiale?
Noi abbiamo il compito di spiegare il nostro approccio e le nostre soluzioni sia dal punto di vista tecnico che culturale di questo nuovo settore. Per questo stiamo cercando di intervenire in tutti i contesti più sensibili: dalle associazioni di categoria, all'università e fino alle scuole.
Abbiamo realizzato molte gite didattiche con le scuole, di tutte l'età e devo dire che la risposta dal pubblico era molto gratificante poichè per la prima volta si rendevano conto che tutto ciò che prima poteva essere immaginazione, ora è realtà quotidiana; inoltre abbiamo tenuto dei corsi presso l' ITIS, istituto tecnico industriale,per l'insegnamento dell'utilizzo di queste macchine di ultima generazione con grande successo.



domenica 15 aprile 2018

LA SCACCHIERA, Chiesa per il Giubileo del 2000, Peter Eisenman

La Scacchiera


L’idea di creare una superficie ‘’Mesh’’ nasce dalla considerazione di Peter Eisenman nel vedere questo progetto come una convulsione del terreno piuttosto che una struttura sul terreno.
Inizialmente le 2 superfici nascono dal terreno e attraverso la manipolazione degli oggetti stessi si crea lo spazio interstiziale tra i due corpi.
Lo spazio interstiziale tra i due oggetti è il BANG del progetto:
questo spazio è lo spazio pubblico  di progetto fra i due edifici.
L’idea di Peter Eisenman era quella di limitare le caratteristiche iconiche e tradizionali di una chiesa, in particolare le forme portano al riconoscimento e significato.
Personalmente vedo lo spazio interstiziale, generatosi attraverso la manipolazione dei due edifici seguendo il principio di deformazione dei cristalli liquidi, come una navata centrale ''virtuale e moderna''.
I diagrammi di Eisenman indicano come l'edificio nasce dalla terra, formandosi secondo l'ordine delle molecole di un cristallo liquido:
queste deformazioni conesentono un'applicazione spaziale concreta, dove strati e sovrapposizioni multiple sono lo strumento con cui formare lo spazio.
La forma della chiesa evolve dal terreno, da una realtà tangibile, verso il cielo e l'infinito, diviene la mediazione fra Dio e la natura, tra il fisico e l'infinito.



Diagrammi dello sviluppo del progetto


Plastico del progetto della Chiesa per il giubileo del 2000 a Roma (1)

Plastico del progetto della Chiesa per il giubileo del 2000 a Roma (2)

LaScacchiera
foto in successione del modello:
1) sviluppo dal terreno
2) deformazioni / manipolazioni per realizzare lo spazio interstiziale

lunedì 9 aprile 2018

Considerazioni sul capitolo ''Processi e diagrammi'' tratto da ''Architettura e modernità'' di A.Saggio e ''Eisenman digitale'' di Luca Galofaro

Figura di riferimento negli ultimi decenni del Novecento per il tipo di approccio sostenuto nelle ricerca contemporanea è sicuramente Peter Eisenman, che possiamo considerare fra i pionieri dell'uso del ''diagramma''.
Il diagramma prefigura una serie di relazioni tra le parti che sono di natura ''topologica'' e/o ''parametrica'', ovvero esiste un campo di infinite deformazioni geometriche compatibili con
l' impostazione originaria. Nel campo dello sviluppo di un progetto architettonico, l'obiettivo è quello di creare rezioni che costituiscono una sorta di codice DNA generatore e regolatore dello sviluppo del progetto. Gli esiti dipenderanno dalle variabili ( eventi che intervengono durante lo sviluppo del progetto) per far evolvere il diagramma-codice verso una forma finale invece che un'altra.
Riguardo a questo tema, mi sembra giusto riportare una considerazione fatta dall'architetto giapponese Sei Watanabe, il quale ha realizzato la stazione metropolitana di Iidabashi a Tokyo attraverso una serie di interazioni di un programma informatico appositamente ideato, affermando la genetica abbia aspetti in comune con la programmazione informatica che ha generato semi automaticamente il progetto della stazione metropolitana. Watanabe si è domandato più spesso se fosse possibile creare un seme architettonico: i programmi informatici determinano dei codici genetici, dei pezzi di DNA che si evolvono anche per semplici accidenti contestuali, infatti basta cambiare a malapena alcuni valori immessi che si arriva a produrre forme che sembrano completamente diverse, ma generate sempre dallo stesso codice. Tornando a trattare il diagramma, il matematico Micheal Leyton nella sua ultima pubblicazione Shape as Memory, afferma che la forma architettonica non sia soltanto l'esito di un processo derivante da un diagramma iniziale, ma che l'opera stessa - a ritroso - sia ''un condensatore di memoria'', un catalizzatore di memoria ovvero di quelle azioni-eventi che hanno portato alla forma finale. Da ciò si evince la forza del diagramma poichè la processualità si estende nel tempo, non è chiusa nell'esito finale ma apre il processo della sua stessa evoluzione.
Il diagramma atnicipa il fondamentale argomento della ''modellizzazione''.
L'informatica è caratterizzata dalla possibilità di variare raggruppamenti significativi di informazioni, in una logica sistemica e interconnessa. Dalla ''modellizzazione''emergono due aspetti principali:
il primo è la diretta relazione con lo sviluppo geometrico matematico della forma, ad esempio lo studio di Norman Foster è all'avanguardia in questo settore di sviluppo e controllo progettuale rigidamente matematico dell'architettura e quindi nell'organizzare coerentemente calcolo, produzione e cantiere. Il  secondo aspetto è la progressiva tendenza verso un modello globale che contenga potenzialmente tutte le informazioni del progetto, detto anche 3D database (cosi fu chiamato da Chuck Eastman e John Frazer, pionieri di questo approccio). Ad esempio la struttura Gehry technologies offre un know how informatico all'esterno, senza questi strumenti non sarebbe stato possibile realizzare l'elevatisima complessità plastica dell' Experince Music Project a Seattle oppure l' Auditorium Disney.
Il modello architettonico è un insieme vivo, interagente, le informazioni sono dinamicamente legate le une alle altre, è uno strumento per studiare, verificare, simulare e costruire. Esso non è garanzia di successo, ma è la più conquista nella progettazione dopo l'invenzione della prospettiva.
Possiamo affermare che l'architettura stessa, ''a immagine e somiglianza'' dei modelli elettronici, tende a diventare dinamica, interconnessa, mutabile, interattiva. L'architettura dell'informazione vuole assomigliare  al computer stesso come l'architettura funzionalista voleva assomigliare alla macchina per i suoi aspetti di efficienza, di linearità, di logica causa-effetto.
Molto interessante è il metodo di lavoro con cui Peter Eisenman da vita alle sue opere, ciò è attestato nel libro '' Eisenman digitale, Uno studio dell'era elettronica'' di Luca Galofaro, a cura di Antonino Saggio. Entrando nel suo studio si comprende subito l'importanza del controllo tridimensionale dello spazio, poichè lo studio è invaso di modelli e gli unici disegni sono le elaborazioni digitali di diagrammi complessi che guidano la modellazione. Il progetto architettonico diventa la logica conclusione di un lungo percorso speculativo che lascia traccie e apre altre strade praticabili.
I modelli utilizzati in ogni fase di progetto sono di tre tipi: Plastici, modelli diagrammatici e Plastici informatici.
I primi visualizzano tutte le ipotesi formali e costituiscono il sistema progettuale di studio, essi aiutano a vedere in anticipo, a seguire l'evoluzione dell'edificio che si vuole realizzare.
Per Eisenman non esiste differenza, se non di scala, fra modello e oggetto costruito: per lui il modello è un oggetto svuotato della sua necessità di essere abitato.
I modelli diagrammatici sono di diversi tipi: architettonici, filosofico-scientifici e matematici.
Con il primo tipo è possibile raffigurare analiticamente questioni attinenti alla localizzazione di funzioni in un edificio e alle connessioni fra esse, sia verticali sia orizzontali.
Per quanto riguarda i modelli diagrammatici filosofico-scientifici egli studia la geometria booleana, i frattali, la teoria del caos, la teoria delle catastrofi, il DNA, il comportamento dei cristalli liquidi.
Il terzo tipo di modello usato nelle fasi di progetto sono i Plastici informatici, che sono molto piùmalleabili di quelli tradizionali, in quanto consentono  un'interazione più dinamica e immediata.
Essi sono in grado di coprire tutte le singole fasi della progettazione e rappresentano una grande sintesi dei tipi di modellazione fin'ora praticati: grafici, diagrammi dinamici e visualizzazioni 3D.
Il virtuale non viene considerato come una rappresentazione di qualcosa di predefinito, ma suggerisce la nozione di forma come una delle molte possibili attualizzazioni del divenire del virtuale.
Il virtuale si oppone all'attuale ed è un'entità in evoluzione, un oggetto inteso come elaborazione di idee e forme. Ad esempio, un albero è virtualmente presente in un seme, e la trasformazione richiede un processo: l'attualizzazione.
I modelli usati da Eisenman provengono da altre discipline, perchè in architettura non esistono modelli adeguati a descrivere la complessità del mondo.
Vorrei porre l'attenzione sulla progettazione della chiesa per l'anno 2000, dove  si indaga in modo diverso rispetto ai progetti precedenti, il tema dell' intersticial space . Il progetto si basa su un sistema tipologico a ''barre'' parallele fra loro, le quali nascono dal terreno, si evolvono fino a protrarsi verso il cielo.  Si evince una frattura che divide l'opera in due percorsi, destinati al passaggio verso uno spazio di comunione dei pellegrini, dove si riuniscono le due barre in modo che venga rafforzato il contrasto luce-ombra, il rapporto vuoto con il pieno. La chiesa si basa su due istanze parallele: la prima è il rapporto fra la vicinanza e la distanza implicita nel concetto del pellegrinaggio e nell'idea dei mezzi di comunicazione; l'altra è la nuova relazione fra l'uomo, Dio e la natura.

giovedì 5 aprile 2018

IMPRINTING

VUKEL - ALBANIA

Dopo una lezione clamorosamente curiosa, svolta dal professore Antonino Saggio, sul concetto di Imprinting mi sono reso conto che nei miei primi anni di vita ho viaggiato e vissuto in molti diversi posti, cosa che invece ora mi succede assai raramente, ma ciò avveniva a causa del periodo abbastanza delicato che stava affrontando l'Albania; diciamo che ero un turista particolare nella mia prima parte di vita. Dopo un po' di giri con la mia famiglia siamo finiti a Terni, città meravigliosa che come tutti noi ha anche dei difetti. Dopo aver seguito la lezione del professore, uscito
dall' aula mi sono fermato a pensare su quale fosse il luogo del mio imprinting e inaspettatamente ho pensato all'Albania, più precisamente a Vukel, paese situato tra le montagne del nord dell'Albania. Avrei voluto dire Terni, poichè ho trascorso la maggior parte dei miei anni qui e ho creato una rete vastissima di rapporti meravigliosi con le persone a cui non riesco a fare a meno. Eppure ho pensato a questo paese di montagna nonostante io non abbia trascorso molto tempo li, ma dopo un po' di riflessioni ho trovato la risposta: durante i miei viaggi da turista ''moderno'', i miei genitori ( persone indescrivibili, ma non lo dico perchè sono il loro figlio) hanno saputo creare in me e tenere continuamente vivo un rapporto con il mio paese d'origine e con tutti i miei parenti attraverso una ''tessitura'' di racconti, di storie, leggende popolari e foto del passato. 
Dopo due anni che vivevo a Terni, i miei decisero di trascorrere l'estate in Albania:
giunti li, abbiamo prima salutato con grande affetto un'infinità di parenti di cui non conosco tutt'ora il nome e alla fine partendo dalla capitale Tirana ci siamo incamminati per Vukel. 
Viaggio talmente lungo che mi imparai a memoria tutto il CD di Ricky Martin e Madonna, ma è durante il viaggio che iniziavo a rimanere folgorato dal paesaggio che si presentava a noi. La cosa buffa era che i racconti fatti dai miei genitori erano stati talmente precisi e veritieri che ciò che vedevo davanti ai miei occhi era così vicino all'immagine che la mia testa aveva prodotto. 
Ciò che percepivo era come se la natura ci stesse dando il benvenuto: percorrevamo lunghe discese e salite ed eravamo costantemente accompagnati dalle pareti ripide di colore ''Verde vita'' poichè ricche di vegetazione in alcuni casi, altrimenti prettamente rocciose. 
Durante il viaggio si scorgevano poche case qua e la per la strada, e tutte rigorosamente in pietra e tetto a falde inclinate. 
Ciò che mi stupiva allora e continua a stupirmi anche oggi guardando le foto di allora è il fatto che tutto ciò non mi annoia, è un paesaggio talmente dinamico, pieno di ripidi pendii, ricco di macchie di vegetazione, di sassi, anche i sassi riuscivano ad ''emozionarmi'' poichè era tutto PURO, non si percepiva la mano dell'uomo, si entrava in uno spazio totalmente estraneo dalla realtà ternana in cui stavo trascorrendo i miei anni di vita da Turista in Italia. Dopo ore di viaggio si giunge a destinazione, ma mentre prima vi era la presenza di qualche automobile, qui l' unico mezzo usato era il cavallo. Eccomi giunto all'interno della casa di mio nonno, edificio di due piani realizzato con pietre  ''finemente'' dipinte di bianco. Mio nonno si vantava sempre di avere le grate delle finestre e il cancello più bello del villaggio, ma la cosa che mi faceva sempre ridere è che non vi era proprio la necessità di usare grate o cancelli poichè è un posto dove regna la pace e il silenzio, non c'èpericolo che qualcuno si intrufoli in casa di altri. 
Ciò che mi affascina di questo luogo agreste è la semplicità delle cose, e come la semplicità possa infondere cosi tanta felicità. Passavo da una realtà caotica della città ad una di totale immersione nella natura.
 La casa, salvo condizioni atmosferiche disastrose, è il luogo meno vissuto da tutti: 
è costantemente aperta, ha due porte di ingresso, la prima centrale e simmetrica rispetto all'edificio, la seconda si trova nella parte retrostante dove c'era il camino costantemente accesso e si preparava il pane, le patate, ed il formaggio per tutto il giorno. La casa è circondata dalla natura, si fonde con essa, dopo qualche giorno ero arrivato alla conclusione che la casa aveva solo due scopi, il primo era quello di permettere il fissaggio delle reti per vigneti ad essa, il secondo era quello di separare l'insalata, dall'uva e dalle pannocchie di mais. 
La vera vita era vissuta fuori dalla casa, a diretto contatto con l'ambiente che ci circondava, il quale presentava delle lievi pendenze accompagnate da sbalzi di altezze improvvise e ripidi vallate per poi giungere ad un tratto piano prevalentemente pianeggiante, per poi avere di nuovo una ripida scesa, insomma un'ambiente fortemente dinamico. La cosa che ricordo con sorriso era l'approvvigionamento dell'acqua: in certe zone dell'Albania l'elettricità e l'acqua non sono garantite per tutte le ore della giornata, perciò nel caso dell'acqua bisognava procurarsela e la fortuna vuole che nelle prossimità di casa nostra ci fosse una cava dalla quale usciva ininterrottamente acqua e ad essa si collegavano tutte le tubazioni idriche che arrivavano nelle varie case della zona. Inizialmente pensavo fosse una passeggiata prendere l'acqua poichè mio nonno che aveva quasi 70 anni al tempo, portava a casa circa 4-5 bottiglie piene d'acqua; un giorno mi incaricai di prenderla io, i miei mi diedero l'ok e si raccomandarono semplicemente di stare attento a dove mettevo i piedi ( gufata incredibile). Per recarmi alla fonte dovevo seguire un canale rialzato rispetto al livello della strada, che era largo circa 20/30 cm e l'acqua era profonda a malapena 5/10 cm, inizialmente pensai fosse una passeggiata ma ciò che era interessante del percorso è che esso non era rettilineo, ma una linea spezzata perciò non sapevi cosa ti poteva accadere svoltando per i vari angoli. Proprio mentre stavo per svoltare uno di questi angoli, mi imbattei contro un'ape e data la mia fobia, vinse lei il duello e rotolai lungo la breve discesa poichè avevo perso l'equilibrio, ma una volta finito di rotolare mi ritrovai davanti a un cespuglio di frutti di bosco. Ero la persona più felice del mondo, alla fine riuscii anche a portare a casa le bottiglie piene di acqua (con la A maiuscola, fresca e rigenerante). 
Alla scoperta del territorio,
lattina di pepsi fuori luogo con il contesto

Sorgente idrica, papà e mia sorella molto 
più atletici di me


Penso che da questo luogo sono due i concetti che emergono dalla mia esperienza personale: la semplicità e l'indefinito. Il primo termine lo si può riscontrare sia nelle abitazioni realizzate( semplici parallelepipedi con tetto a falde inclinate) ma anche nei modi di fare delle persone del luogo, persone appunto semplici, che vivono la vita giorno dopo giorno con il sorriso stampato in faccia, contenti del poco che hanno e senza invidiare nulla a chi vive nelle grandi città . Il secondo termine invece si evince guardando verso l'orizzonte: le varie pendenze del terreno, i vari salti di quota nascondono ciò che c'è dietro a loro nelle immediate conoscenze, questo lo si potrà scoprire semplicemente esplorando il territorio preferibilmente con la curiosità tipica e dolce dei bambini.

Vallata in Gjarper

schizzo


Sketch of Imprinting